Quando il trasferimento tecnologico può essere la chiave per trasformare il rapporto tra imprese ed impatto ambientale. È la storia di Eco-Tech Finish, azienda del settore galvanico selezionata per la seconda volta tra i vincitori del progetto FABER. A raccontare il valore dell’innovazione e dell’unione tra ricerca e mondo aziendale, Vincenzo Dell’Aquila, Responsabile Ricerca e Sviluppo (vincitore FABER 2), e la ricercatrice Elena Mariani.
Ciao Vincenzo, un piacere rivederti. Ti andrebbe di raccontarci qual è il valore per un’azienda come la vostra di partecipare al progetto FABER?
La mia risposta potrebbe sembrare di parte. Nella mia esperienza, è stato un incontro virtuoso, perché ho partecipato a FABER 2 e sono rimasto in azienda. A parer mio, ci sono molteplici vantaggi nell’avere una figura preparata che si occupa di fare ricerca a livello aziendale. Spesso nelle aziende è difficile avere delle risorse e dei mezzi per fare ricerca. Tutto va sempre molto velocemente e focalizzarsi sull’innovazione richiede tempo e visione.
Avere una ricercatrice formata proprio in quegli ambiti di ricerca che combaciano con le esigenze aziendali ha un valore notevole. Noi siamo un’azienda galvanica, focalizzata sull’alta moda, un settore che fatica ad innovarsi e a trovare soluzioni alternative. Noi viaggiamo controcorrente: vogliamo portare sempre più innovazione. Per questo l’azienda ha ideato molti progetti di R&D, partecipando e vincendo per due volte le selezioni del bando FABER.
Ciao Elena, un piacere conoscerti. Ci piacerebbe scoprire qual è per una ricercatrice il beneficio di vivere un’esperienza che unisce ricerca e vita aziendale.
Per me è un valore aggiunto. Poter fare un percorso di dottorato in azienda ti consente di vedere realmente applicata la ricerca che stai portando avanti. In questo modo è possibile dare una concretezza a quello che si studia. In più, il progetto FABER ti consente non solo di crescere come ricercatrice ma anche da un punto di vista aziendale. La formazione che sto ricevendo mi permette di crescere insieme all’azienda, in uno scambio continuo. E di coltivare e consolidare una fiducia reciproca.
Il nuovo progetto di Elena porterà dei vantaggi sul piano aziendale e ambientale?
Come accennava Vincenzo, il nostro è un settore che per anni è stato ancorato a convenzioni e tradizionalismi. Necessita costantemente di rinnovarsi e soprattutto di confrontarsi con l’economia e il mercato di oggi. L’obiettivo della mia ricerca è di ridurre l’impatto ambientale, di cercare un’economia circolare. Questo sarà possibile attraverso l’utilizzo di correnti pulsate, in ottica di riutilizzo e recupero. Finora non erano state adoperate nell’ambito della galvanica, ma il progetto ci consentirà di invertire la tendenza.
Nello specifico, il mio progetto consiste in uno studio delle correnti modulate applicate a bagni di metalli preziosi. Questa ricerca si svilupperà attraverso un processo galvanico a basso impatto ambientale, che prevede una riduzione del carico metallico ed il recupero degli stessi dalle acque di lavorazione. I preziosi potranno quindi essere riutilizzati, nell’ottica di una economia circolare, in settori che non siano univocamente quelli galvanici, come ad esempio quello energetico.
Quindi creare dei ponti tra ricerca e imprese può favorire una trasformazione ambientale ed etica molto richiesta in questo momento storico?
Certamente. Nelle aziende spesso non c’è una reale conoscenza dell’impatto prodotto dai vari passaggi della filiera. E se non ci sono le competenze non si sa dove poter intervenire, anche in piccolo, per ridurre l’impatto. Nel nostro caso ad esempio ci sono molteplici fattori, non solo da un punto di vista chimico. Avere una figura qualificata consente di scoprire dove è meglio intervenire e in quali modalità. Questo offre un grande vantaggio alle aziende, le quali per realizzare trasformazioni di questo tipo sarebbero costrette a rallentare la produzione. In questo modo, è possibile agire in maniera mirata e creare una innovazione positiva.