Qual è il valore della curiosità e della ricerca nell’ambito delle fermentazioni alimentari? E quali saranno i vantaggi per l’ambiente e i prodotti made in Italy? Lo scopriamo attraverso l’esperienza di Simona Guerrini e Damiano Barbato, CEO e Ricercatore FABER 4 di FoodMicroTeam.
Buongiorno, Simona. Un piacere rivederti. Ti andrebbe di raccontarci il potenziale innovativo per la tua azienda di questa nuova collaborazione nata da FABER?
FoodMicroTeam nasce come spin-off dell’Università di Firenze. Ci occupiamo di trasferimento tecnologico alle aziende agricole, agroalimentari e agroindustriali, per questo abbiamo necessità di fare tanta ricerca per dare il meglio. Il bando si è rivelato fondamentale, ci ha permesso per due edizioni di inserire nel nostro team ricercatori giovani e di portare avanti l’innovazione continua dei nostri servizi.
Come nel caso del progetto di Damiano, ci occupiamo di offrire assistenza scientifica per il controllo e la gestione delle fermentazioni alimentari in ottica tailor-made, ovvero basandoci sulle necessità specifiche di ogni nostro cliente.
Per sviluppare una nuova linea e ampliare questo settore, avevamo bisogno di una persona che mettesse le basi di un background scientifico per lo sviluppo del servizio, che fosse “fresca di studio” e che soprattutto avesse una passione per questo settore. E così abbiamo incontrato Damiano, la sua curiosità e la sua voglia di scoprire e innovare.
Ciao Damiano, piacere di conoscerti. Cosa ha significato per te poter partecipare al progetto FABER?
FABER per me ha rappresentato una grande opportunità. Una modalità molto interessante e stimolante per riuscire a fare questo tipo di ricerca che prevede un trasferimento tecnologico reale. Il valore per me fondamentale consiste nel fatto di non dovermi limitare semplicemente a fare degli studi di laboratorio, ma sperimentazioni in contesti reali in modo da testare le soluzioni in produzioni industriali vere e proprie. La differenza rispetto a una ricerca di base dove i risultati spesso sono osservabili nel lungo periodo, sta nella realizzazione concreta di innovazioni da testare subito all’interno dello scenario aziendale.
Di cosa si occupa il tuo progetto di ricerca?
Il mio progetto riguarda lo sviluppo di nuovi preparati microbici custom-oriented per la produzione di bevande e alimenti fermentati. Si occupa nello specifico di selezionare microrganismi indigeni da fermentazioni spontanee, sulla base delle necessità aziendali dei nostri clienti, i quali potranno scegliere quelli più indicati per i propri bisogni all’interno della “bio-banca” di FoodMicroTeam.
Nello specifico, il mio ruolo consiste in una selezione volta a realizzare e/o causare diverse reazioni negli alimenti fermentati, facendo sì che l’alimento acquisisca delle caratteristiche d’interesse, ad esempio per migliorare alcuni aspetti edonistici o nutraceutici, in altre parole attraverso l’uso virtuoso dei microrganismi è possibile rendere molti alimenti più sicuri, più buoni e ricchi di composti utili al nostro organismo. Questi studi ci permettono di gestire processi fermentativi per attività precise. Il nostro compito è selezionarli rispetto agli obiettivi che ci siamo prefissati.
In ottica di sostenibilità, questo progetto può offrire dei miglioramenti per l’intero settore?
Assolutamente sì. Ad esempio grazie alle innovazioni applicate al campo della bioprotezione è possibile ridurre l’uso di prodotti fitosanitari e di pesticidi per l’ottenimento di materie prime di alta qualità. E durante la trasformazione delle stesse per esempio in cantina nella produzione di vino, attraverso l’uso di microrganismi è possibile ridurre al minimo o eliminare l’uso di additivi, come nella produzione di vini senza l’impiego di solfiti aggiunti. Questo aiuta a migliorare la qualità di prodotti made in Italy e a raggiungere obiettivi importanti in termini di sostenibilità.